lunedì 9 settembre 2013

Il dono del lago d'Iseo - Cap.II di "In cerca di C.F."



- Il dono del lago d’Iseo -
Il freddo mi stringeva nei suoi aghi, aghi di pino che fluttuavano al suono del secco vento autunnale, aghi di pensieri, sottili e letali, si insinuavano in quella forma di noce ingrandita chiamata cervello, fino a strisciare sui miei occhi e farmi vedere cose che non avrei mai voluto vedere.
Le nuvole in cielo si spostavano veloci: mandrie di bufali che sbattono con forza gli zoccoli per far impaurire i passanti, ed infatti ero solo, completamente solo in quell’alba di ghiaccio dove il Sole non era che un fiammifero acceso nell’immenso.
Sospiravo.
Gettavo aria calda, sprecavo energia per scaldare almeno un po’ quelle mie mani, ma il freddo che avevo dentro era impossibile da estinguere con la sola forza del mio corpo. Non potevo. Nessuno poteva. Non in quel luogo. Non in quel tempo. Non quelle immagini; né quegli aghi di pino, né l’alba ignorante, né i miei guanti di lana, né la mia penna...
Provai ad imprimere la punta di questa sulla mia mano, ora scoperta e inerme, ma la debole sfera non girò, né l’inchiostro accennò a muoversi e ribollire sotto l’energia che le davo: era ghiacciato.
Sospirai.
«E così sei morta anche tu in questo spazio vuoto. In questo posto sperduto, spoglio di uomini, ma ripieno dell’essenza di lei.»
Mi alzai lentamente poggiandomi alla corteccia del pino che mi sovrastava, e da lì ammirai il panorama esteso sotto i miei piedi, quel lago immenso, chiuso fra i monti innevati, smuoveva appena la superficie lottando contro il gelo.
«Perché è venuta qui? Perché sono venuto qui? I suoi pensieri mi sfuggono veloci. Tento di afferrarli, ma come la luna, vicina e presente, sfuggono al tocco dell’uomo.»
Avanzai piano per quel pendio innevato, dove i doposci affondavano in quella sorta di panna montata e, coraggiosi, si ergevano a mia difesa, avanzando sotto i miei chiari e precisi ordini.
Avanzai fino al lago senza mai voltarmi indietro. Quel pino solitario richiamava la mia presenza, ma io l’ignoravo per concentrarmi meglio sui sospiri di lei. Quell’aria condensata che fuoriesce dalle bocche umane, aliti di vita che appaiono ai nostri occhi, era lì vicino...lei aveva parlato in quel posto e ricercavo le sue parole, tangibili in quella nebbia che genera il respiro.
«Cerchi. La ricerca è il motore del mondo.»
Un’ombra s’era allungata fino a toccare i miei piedi, un’ombra lunga con spalle larghe...immobile come una statua di marmo.
«Ma devi sapere cosa stai cercando.»
«Cerco le parole.»
Risposi senza voltarmi indietro e identificare quell’ombra statica sui miei piedi.
«Lasciami andare. So ciò che faccio.»
D’improvviso quella mandria di bufali nel cielo scosse la terra dall’aria, un suono comunemente definito tuono investì tutta la valle separando per un momento la superficie del lago. Non feci in tempo ad alzare il viso che già la pioggia aveva bagnato le mie spalle. Tutto si avvolse in un’improvvisa oscurità, un ombra enorme inglobava quel luogo, ovattando quei già fragili raggi solari ora rialzati dall’orizzonte. Coprii il capo con il cappuccio e correndo trovai riparo sotto al pino che avevo lasciato su in collina; da lì ammiravo nuovamente il lago.
Quella pioggia pesante picchiava sulla sua superficie creando tante piccole voragini, che, a loro volta, causavano piccole onde, e tutt’insieme smuovevano le sue viscere profonde e scure.
Lei era lì.
Nei vortici di quelle acque aveva lasciato qualcosa di se.
Corsi al lago sfidando il temporale, e sulla sua riva mi dissetai.


Il racconto è disponibile su lulu: In cerca di C.F.

Nessun commento:

Posta un commento