lunedì 22 settembre 2014

La bellezza dei cortometraggi - Vol.1

Di recente ho trovato una lista che contiene i 150 prodotti dell’animazione più belli del mondo, fatta da 140 critici cinematografici e persone che lavorano nell’ambito dell’animazione; al di là di ciò che può essere la classifica stessa, chi sta al primo posto e chi sta all’ultimo, ciò che ha destato più curiosità in me è stato quello di scoprire la bellezza dei cortometraggi d’animazione provenienti da ogni parte del mondo, che sfruttano le tecniche più disparate e traggono da storie piccole o grandi qualcosa che deve stupire lo spettatore in un tempo compreso fra i 15 ed i 30 min. Vedendoli sono stato rapito dal loro mondo e modo di raccontare, in un mondo in cui l’animazione va lentamente globalizzandosi, quelle piccole storie, così disparate nella loro realizzazione e nel loro messaggio, non potevano lasciarmi indifferente. Così, dopo averne visionato un piccolo gruppo, ho pensato che queste opere rimaste con un pubblico esiguo, dovevano in qualche modo tornare negli occhi delle persone e seppur il mio contributo è minimo, potrebbe avere effetti piacevoli.
 
L’uomo che piantava gli alberi (1987) di Frédéric Back: il cortometraggio copre un lungo lasso di tempo, da poco prima della prima guerra mondiale fino alla fine della seconda.
Sulla voce narrante del protagonista si svolge la vicenda di quest’ultimo e di un uomo, un eremita o qualcosa di più, che compì un vero e proprio miracolo. Il protagonista, camminando su per le Alpi (francesi si presuppone), non incontra altro che terre aride, battute dal vento e dal sole, villaggi abbandonati, fontane aride come i letti dei fiumi, insomma, un posto in cui la morte cammina ogni giorno e quest’atmosfera arida e secca si rispecchia anche sui pochi villaggi abitati, villaggi piccoli, sperduti fra le montagne, in cui la concorrenza alla vendita del carbone e le stesse condizioni meteorologiche consumano le loro menti e le loro vite, ma in questo luogo di perdizione, in cui i vizi e le virtù si combattono fra di loro e gli uomini sono vittima di follia (spesso omicida) vive un uomo divenuto solitario eremita, la cui unica preoccupazione era quella di piantare alberi laddove non crescevano più. I due si conoscono ed il loro rapporto, nelle visite che durante gli anni il protagonista fa all’eremita, calcificano l’ammirazione immensa del primo verso quest’ultimo.
Il cortometraggio strutturato da disegni essenzialmente semplici, ma capaci di incidere emozioni forti nello spettatore, diventa, minuto dopo minuto, sempre più interessante e coinvolgente, perché quasi sembra impossibile la missione dell’eremita contro una natura che era diventata avversa alla vita, ma non alla rinascita.
Il messaggio del film è chiaro, semplice ma allo stesso tempo aulico: si parla di un uomo la cui opera viene accostata a quella di Dio, si parla di come la natura reagisca all’opera umana e in conseguenza di ciò può diventare benevola o maligna.
Ciò che colpisce nella narrazione è la stessa voce narrante che riesce sia a trasmettere la pace, il silenzio dei luoghi dell’eremita, sia la brutalità di quei luoghi sopracitati. Il cambio di tono e di espressività che si ha nella versione originale ha un forte impatto, perché non vi è un climax crescente che fa intuire questo cambio, ma è repentino e deciso ed è probabilmente ciò che il regista stesso voleva, incidere in modo brutale la serenità dello spettatore per poi fargli ritrovare la pace. In effetti, nessun’altro posto sembra così pacifico come quello in cui vive l’eremita.
Ci sarebbero tante altre cose da dire o da rivelare, ma per non svelare il finale o alcuni accadimenti, preferisco non andare oltre.
 
Crac! (1981) di Frédéric Back: un’altra storia semplice ma alquanto emozionante è Crac!, dove il regista Back utilizza sempre la stessa tecnica di disegno e colorazione con le matite, tecnica che sa ben utilizzare, poiché da leggerezza alle immagini ed in una storia come quella narrata in questo cortometraggio, la leggerezza fiabesca deve esserci. Si parla, essenzialmente, della vita di una sedia a dondolo, ricavata da un albero e costruita da quello che sarà il suo stesso proprietario. La sedia sarà al centro di tutte le vicende della famiglia, diventerà sedia su cui cullare i figli del suo costruttore, e tramite quest’ultimi diventerà, un treno, una macchina, una barca, sarà di conforto alla famiglia e presente in tutte le fasi più importanti, verrà riparata e riutilizzata, finché verrà gettata via perché considerata vecchia; ma la sua storia non termina fra i rifiuti, anzi, da lì un nuovo posto l’attende, per scivolare in un finale musicale allegro.
Proprio la musica, musica popolare francese, accompagna tutto il cortometraggio, dandogli ancora più leggerezza nella visione e valorizzando ogni momento. Preponderanza musicale che non ritroviamo ne L’uomo che piantava gli alberi, dove alla musica si sostituisce il suono del vento, dell’acqua ed i rumori domestici o, comunque esterni. Si capisce il perché di questa scelta, sono due storie narrate in modo completamente diverso; seppur entrambi sono appetibili per pubblici di età differente, quello del ’87 affronta una tematica più seria.
 
Jumping (1984) di Osamu Tetzuka: lo sperimentalismo è sicuramente una delle caratteristiche che ammiro di più nei cortometraggi d’animazione e Osamu Tetzuca, soprannominato “Il dio dei manga”, entra a far parte degli sperimentalismi. In Jumping il protagonista resta sconosciuto, non si sa se veramente c’è qualcuno o semplicemente sia lo spettatore fuso indissolubilmente con la macchina da presa; infatti, in una soggettiva costante, che dura anche nei titoli di coda e di testa, lo spettatore, assieme all’ideale macchina da presa, salta continuamente, egli è capace di spiccare salti lunghissimi e altissimi, tanto da fargli, per esempio, saltare l’intero oceano! E’ straordinario l’effetto visivo finale, c’è un diretto coinvolgimento nell’azione, che nasce dall’unione della voglia di saltare e scoprire nuove cose e quel pizzico di paura e adrenalina che si ha nel ricadere in basso. Semplice ma assolutamente geniale! Personalmente mi ha trasmesso non solo un estremo coinvolgimento nell’azione, ma ha risvegliato molti ricordi d’infanzia, di cadute ma specialmente di salti sui materassini elastici. Non so se anche questo era fra le intenzioni del regista, cioè riportare gli spettatori adulti ad una condizione infantile e stuzzicare nei bambini il loro divertimento nel saltare.
 
The old man and the sea (1999) di Aleksandr Petrov: specie da quando vidi dei concept del film d’animazione Rapunzel, il mio desiderio di vedere un lungo o cortometraggio realizzato con la pittura è aumentato sempre più fino a quando mi sono imbattuto in The old man and the sea quest’opera straordinaria che ricalca il già emozionante libro di Hemingway. L’estrema lotta fra il pescatore ed il pescespada, il rispetto reciproco, la condizione umana, l’ultimo atto di gloria di un abile marinaio e pescatore: azione, filosofia e sentimenti si mescolano nelle pennellate di Aleksandr Petrov, che lo condurranno ad ottenere l’oscar.
La resa scenica è fantastica ed anche l’animazione, seppur visibilmente scandagliata, rende molto bene le situazioni più movimentate. Le emozioni del pescatore sono rese alla perfezione da questi quadri in movimento e da una recitazione straordinaria del suo doppiatore originale. Non serve dire altro su questo piccolo capolavoro dell’animazione sperimentale: l’ottima regina, l’ottima sceneggiatura e le immagini servono su un piatto, non d’argento, ma d’oro, un cortometraggio eccezionale.
La tecnica usata è il paint-on-glass.

Con ciò concludo il primo articolo sui cortometraggi che spero vi abbia stuzzicato il desiderio di vederli.

Di seguito i link per guardare i cortometraggi su YouTube:
L'uomo che piantava gli alberi
Crack!
Jumping
The old man and the sea

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