Di recente ho trovato una lista che contiene i 150 prodotti
dell’animazione più belli del mondo, fatta da 140 critici
cinematografici e persone che lavorano nell’ambito dell’animazione; al
di là di ciò che può essere la classifica stessa, chi sta al primo posto
e chi sta all’ultimo, ciò che ha destato più curiosità in me è stato
quello di scoprire la bellezza dei cortometraggi d’animazione
provenienti da ogni parte del mondo, che sfruttano le tecniche più
disparate e traggono da storie piccole o grandi qualcosa che deve
stupire lo spettatore in un tempo compreso fra i 15 ed i 30 min.
Vedendoli sono stato rapito dal loro mondo e modo di raccontare, in un
mondo in cui l’animazione va lentamente globalizzandosi, quelle piccole
storie, così disparate nella loro realizzazione e nel loro messaggio,
non potevano lasciarmi indifferente. Così, dopo averne visionato un
piccolo gruppo, ho pensato che queste opere rimaste con un pubblico
esiguo, dovevano in qualche modo tornare negli occhi delle persone e
seppur il mio contributo è minimo, potrebbe avere effetti piacevoli.
L’uomo che piantava gli alberi (1987) di Frédéric Back: il cortometraggio copre un lungo lasso di tempo, da poco prima della prima guerra mondiale fino alla fine della seconda.
Sulla voce narrante del protagonista si svolge la vicenda di
quest’ultimo e di un uomo, un eremita o qualcosa di più, che compì un
vero e proprio miracolo. Il protagonista, camminando su per le Alpi
(francesi si presuppone), non incontra altro che terre aride, battute
dal vento e dal sole, villaggi abbandonati, fontane aride come i letti
dei fiumi, insomma, un posto in cui la morte cammina ogni giorno e
quest’atmosfera arida e secca si rispecchia anche sui pochi villaggi
abitati, villaggi piccoli, sperduti fra le montagne, in cui la
concorrenza alla vendita del carbone e le stesse condizioni
meteorologiche consumano le loro menti e le loro vite, ma in questo
luogo di perdizione, in cui i vizi e le virtù si combattono fra di loro e
gli uomini sono vittima di follia (spesso omicida) vive un uomo
divenuto solitario eremita, la cui unica preoccupazione era quella di
piantare alberi laddove non crescevano più. I due si conoscono ed il
loro rapporto, nelle visite che durante gli anni il protagonista fa
all’eremita, calcificano l’ammirazione immensa del primo verso
quest’ultimo.
Il cortometraggio strutturato da disegni
essenzialmente semplici, ma capaci di incidere emozioni forti nello
spettatore, diventa, minuto dopo minuto, sempre più interessante e
coinvolgente, perché quasi sembra impossibile la missione dell’eremita
contro una natura che era diventata avversa alla vita, ma non alla
rinascita.
Il messaggio del film è chiaro, semplice ma allo stesso
tempo aulico: si parla di un uomo la cui opera viene accostata a quella
di Dio, si parla di come la natura reagisca all’opera umana e in
conseguenza di ciò può diventare benevola o maligna.
Ciò che
colpisce nella narrazione è la stessa voce narrante che riesce sia a
trasmettere la pace, il silenzio dei luoghi dell’eremita, sia la
brutalità di quei luoghi sopracitati. Il cambio di tono e di
espressività che si ha nella versione originale ha un forte impatto,
perché non vi è un climax crescente che fa intuire questo cambio, ma è
repentino e deciso ed è probabilmente ciò che il regista stesso voleva,
incidere in modo brutale la serenità dello spettatore per poi fargli
ritrovare la pace. In effetti, nessun’altro posto sembra così pacifico
come quello in cui vive l’eremita.
Ci sarebbero tante altre cose da dire o da rivelare, ma per non
svelare il finale o alcuni accadimenti, preferisco non andare oltre.
Crac! (1981) di Frédéric Back: un’altra storia semplice ma alquanto emozionante è Crac!,
dove il regista Back utilizza sempre la stessa tecnica di disegno e
colorazione con le matite, tecnica che sa ben utilizzare, poiché da
leggerezza alle immagini ed in una storia come quella narrata in questo
cortometraggio, la leggerezza fiabesca deve esserci. Si parla,
essenzialmente, della vita di una sedia a dondolo, ricavata da un albero
e costruita da quello che sarà il suo stesso proprietario. La sedia
sarà al centro di tutte le vicende della famiglia, diventerà sedia su
cui cullare i figli del suo costruttore, e tramite quest’ultimi
diventerà, un treno, una macchina, una barca, sarà di conforto alla
famiglia e presente in tutte le fasi più importanti, verrà riparata e
riutilizzata, finché verrà gettata via perché considerata vecchia; ma la
sua storia non termina fra i rifiuti, anzi, da lì un nuovo posto
l’attende, per scivolare in un finale musicale allegro.
Proprio la musica, musica popolare francese, accompagna tutto il
cortometraggio, dandogli ancora più leggerezza nella visione e
valorizzando ogni momento. Preponderanza musicale che non ritroviamo ne L’uomo che piantava gli alberi,
dove alla musica si sostituisce il suono del vento, dell’acqua ed i
rumori domestici o, comunque esterni. Si capisce il perché di questa
scelta, sono due storie narrate in modo completamente diverso; seppur
entrambi sono appetibili per pubblici di età differente, quello del ’87
affronta una tematica più seria.
Jumping (1984) di Osamu Tetzuka: lo sperimentalismo è
sicuramente una delle caratteristiche che ammiro di più nei
cortometraggi d’animazione e Osamu Tetzuca, soprannominato “Il dio dei
manga”, entra a far parte degli sperimentalismi. In Jumping il
protagonista resta sconosciuto, non si sa se veramente c’è qualcuno o
semplicemente sia lo spettatore fuso indissolubilmente con la macchina
da presa; infatti, in una soggettiva costante, che dura anche nei titoli
di coda e di testa, lo spettatore, assieme all’ideale macchina da
presa, salta continuamente, egli è capace di spiccare salti lunghissimi e
altissimi, tanto da fargli, per esempio, saltare l’intero oceano! E’
straordinario l’effetto visivo finale, c’è un diretto coinvolgimento
nell’azione, che nasce dall’unione della voglia di saltare e scoprire
nuove cose e quel pizzico di paura e adrenalina che si ha nel ricadere
in basso. Semplice ma assolutamente geniale! Personalmente mi ha
trasmesso non solo un estremo coinvolgimento nell’azione, ma ha
risvegliato molti ricordi d’infanzia, di cadute ma specialmente di salti
sui materassini elastici. Non so se anche questo era fra le intenzioni
del regista, cioè riportare gli spettatori adulti ad una condizione
infantile e stuzzicare nei bambini il loro divertimento nel saltare.
The old man and the sea (1999) di Aleksandr Petrov: specie
da quando vidi dei concept del film d’animazione Rapunzel, il mio
desiderio di vedere un lungo o cortometraggio realizzato con la pittura è
aumentato sempre più fino a quando mi sono imbattuto in The old man and the sea quest’opera
straordinaria che ricalca il già emozionante libro di Hemingway.
L’estrema lotta fra il pescatore ed il pescespada, il rispetto
reciproco, la condizione umana, l’ultimo atto di gloria di un abile
marinaio e pescatore: azione, filosofia e sentimenti si mescolano nelle
pennellate di Aleksandr Petrov, che lo condurranno ad ottenere l’oscar.
La resa scenica è fantastica ed anche l’animazione, seppur
visibilmente scandagliata, rende molto bene le situazioni più
movimentate. Le emozioni del pescatore sono rese alla perfezione da
questi quadri in movimento e da una recitazione straordinaria del suo
doppiatore originale. Non serve dire altro su questo piccolo capolavoro
dell’animazione sperimentale: l’ottima regina, l’ottima sceneggiatura e
le immagini servono su un piatto, non d’argento, ma d’oro, un
cortometraggio eccezionale.
La tecnica usata è il paint-on-glass.
Con ciò concludo il primo articolo sui cortometraggi che spero vi abbia stuzzicato il desiderio di vederli.
Di seguito i link per guardare i cortometraggi su YouTube:
L'uomo che piantava gli alberi
Crack!
Jumping
The old man and the sea
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