mercoledì 21 maggio 2014

Pensieri su Parigi e la sua Dame

Parigi è qualcosa di unico al mondo.
Bella, dai quartieri popolari fino ai Champs-Élysées, sotto la pioggia, quando dalle chiese i gargoyles rigurgitano acqua e quando sotto il sole i giardini d'un verde intenso e di fiori colorati prendono vita e lucentezza riflettendo i loro colori nell’aria d’una primavera che sembra inverno, qui in Italia. Parigi sbatte in faccia ai suoi turisti il suo trionfo, la sua storia, i suoi personaggi, quegli uomini che hanno fatto delle sue vie storie intramontabili, penso a Victor Hugo, Proust, Boudelaire, Artaud per finire a Depardieu e Woody Allen. Essa trionfa nella sua abbondanza dovuta ai suoi maestri artigiani ed a chi seppe saccheggiare il mondo mantenendo, comunque, un’immagine di se apprezzabile.
Ho soggiornato a Montmartre, ai piedi della chiesa del Sacro Cuore, ogni mattina lo vedevo lassù, appena dietro qualche palazzo, mentre ai miei piedi scorreva la via, non una rue, ma un boulevard: via più grande e con un bel giardino in mezzo alle quattro corsie. Seppur ho avuto uno spiacevole dibattito con un venditore ambulante un po’ troppo insistente quello squarcio di quartiere della zona nord di Parigi, mi dava agio, conforto, con la sua viuzza tipica, piena di locali per turisti e qualche bistrò, con il giardino-scalinata che man mano ti faceva crescere davanti la città che, una volta giunti alla balconata ultima, si stendeva fino all’orizzonte, gremita di palazzi e aree di grattacieli; ma mai, mai ebbi la sensazione che essa si prostrava ai miei piedi, tutt’al più sembrava mettersi in posa, stendersi e dirmi: «Guardami, ammirami, non mi avrai mai totalmente.»; scherniva la vista ed il pensiero, ma non potevo odiarla, la sua bellezza, la voglia di scoprire cosa si celava in quelle rue o boulevard o in quei palazzi monumentali, copriva la vanità di questa gloriosa città. D’altronde sono abituato a questa sensazione, quando si ammira Roma dal Gianicolo o da un altro punto elevato, è simile la sensazione che si prova, seppur, in quel caso, vivendoci e sapendo che è parte della mia storia, posso gonfiare il petto d’orgoglio e dire a me stesso: «Questa è la mia capitale!»; ma Parigi, per quanto i Romani abbiano lasciato il proprio segno (come in quasi tutta l’Europa), sorge con monumenti che non più appartengono a quell’era, ma a periodi storici e vicende strettamente legate alla città, dal medioevo fino alla rivoluzione, Napoleone, Charles De Gaulle e tanti, tantissimi altri personaggi e vicende che vedo con un miscuglio di invidia e ammirazione; ma più la seconda, che la prima.
Poi c’è Notre-Dame, l’imponenza, la bellezza, la semplicità, la storia, l’arte e la letteratura, le fantasie, le musiche, tutto si scontra in essa, nella sua verticale quadratura. Vederla mi dava sempre piacere. Era rassicurante sapere che c’era, che esisteva. A partire dal nome per finire a ciò che significa per l’intera città. Notre-Dame ti accoglieva e ti assolveva, dava e dà protezione. Non si può rimanere inermi davanti alla dolcezza del viso della Madonna che, al centro della facciata, sorveglia la città e dentro la chiesa ti ascolta e ti ama incondizionatamente, mentre sotto di lei una schiera di santi ti osserva, ti giudica, in un vortice di sguardi che ti portano al pentimento, perché lo si sente, lo si percepisce che loro sanno tutto su di te, sul viandante che, approssimatosi ad una delle tre entrate, si sofferma a guardare l’arco nella sua interezza e trema per un momento, magari è un istante così breve da non rendersene nemmeno conto, ma sono sicuro che accade, bisognerebbe avere realmente un cuore di pietra e sentimenti vuoti per non provare nulla dinanzi quegli sguardi che da capo a piedi ti esaminano. Tutto il resto è lasciato ai gargoyles. Se la Madre ti accoglie, ti protegge come suo figlio, se gli altri santi ti giudicano severamente, il gargoyle non ha altro compito che scacciare via ogni male, ogni forma demoniaca, pur essendo loro figure di quel genere (forse sono ex-demoni che hanno deciso di proteggere i luoghi sacri) servono l’amore divino con tutto se stessi, a volte con un ira e un odio nello sguardo da far realmente fuggire, chi ha la coscienza troppo sporca, chi vuole profanare quel luogo. I loro corpi perlopiù protesi verso l’esterno sembrano in procinto ti attaccarti e divorarti, con quelle loro fauci spalancate, altri, quelli più noti e belli, stanno ai piedi delle campane, la voce celestiale di Notre-Dame, e guardano e sorvegliano con atteggiamento più cauto l’immensa distesa di case che è Parigi.
Dalle fogne che rigurgitano topi notturni ai battelli che di notte illuminano le acque verdi della Senna; dal terribile tanfo di urina di alcune Metrò, ai francesi, sempre più rari; al grattacielo di Montparnasse che ti regata Parigi di notte dall'altezza di sessanta piani, ai biglietti troppo cari dei mezzi pubblici; dal generale, residuo della seconda guerra mondiale, che scaccia i turisti come un pastore guida le pecore, per poter dare il via alla commemorazione del milite ignoto, fino ai negozi lussuosi dei Champs-Élysées; dalle opere d'arte italiane, greche, egizie, babilonesi, spagnole, fiamminghe fino alle opere d'arte francesi; dalla tomba dorata di Napoleone fino alla mia piccola e modesta stanza di un ostello di Montmatre posso dire di aver amato questa città, di cui ci sarebbe così tanto da dire... eppure sono stati solo cinque giorni.


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